"Un costrutto appena riattivato dopo tanto tempo al buio"


Alla fine sono riuscito a infossarmi da solo comunque.

“Lo metto su, così almeno parto da qualcosa. Comincio da lì.”, invece no. Ci ho anche pensato nei mesi, ma non mi veniva da riprendere in mano il progetto e portarlo avanti. “Eppure mi piaceva”.


Oggi ho chiacchierato un po’ di questa cosa e della mia forma mentis sul fare giuochi con Daniele, che si è offerto di farmi un po’ di analisi sul metodo.

Ecco, mi sono state date un po’ di dritte che mi sono servite proprio da uovo di Colombo. Non tanto i “riprendilo e rileggilo, ricontrolla gli appunti, etc…”. Meglio, molto meglio.

Il gioco è nella tua testa. Il manuale serve per spiegarlo agli altri.

Probabilmente sono sempre stato abituato a dover scrivere qualcosa per ricordarla. E questo è un bene eh, non sto demolendo la base del scripta manent. Però mi sono sempre detto “comincio a scrivere qualcosa, così parto da quello”.

Ho circa un centinaio di appunti sparsi sul mio drive di Google. Tutti su cose differenti. Questo è ok.

Tra questi appunti ci sono anche regolamenti di giochi che per mia mania continuo a rileggere e sistemare finché non li trovo perfetti, senza farli provare. Finché non li abbandono perché mi passa la voglia. Questo non è ok.

Soluzione: gioca quel gioco.

Avere qualcosa di scritto serve sicuramente per spiegarlo, ma non serve sicuramente stare a curare tutto il percorso logico che c’è sulla carta.

Recuperi tutto il manuale e lo raccogli da qualche parte. Apri la community su itch.io o scrivi un devlog. Fissi un post e ci metti dentro tutti i link alla roba sul tuo gioco. Una volta che “ci sei” cerchi qualcuno con cui giocarlo.

Anche questo mi è sembrato parecchio illuminante nella sua banalità. Tenere in incubazione un progetto nel proprio archivio mentale o in un file e lasciarlo lì, non aiuta. Mai.

Parlarne con altri, fare in modo di tenere attivo un progetto attivamente, accendere la curiosità o anche solo “ti racconto cosa sto facendo”, aiuta.

Devo ammetterlo: non ci ho mai pensato. Anche solo il “butto qualche pensiero in un devlog” aiuta. Non tanto perché qualcuno può leggerlo, ma perché in questo modo sto fermando nella mia mente alcune cose e ne sto prendendo atto.

Soluzione: scrivi del gioco.

Riportare ad altri il fatto che stai lavorando su qualcosa, permette soprattutto di crearsi delle scadenze. In questo modo, quando meno te lo aspetti, un ma quindi quello a cui stavi lavorando? salta fuori.

Devi fare il gioco perché ne hai voglia. E ne devi avere voglia perché ci vuoi giocare.

Questo è quello che mi ha scosso di più.

Le citazioni che ho lasciato qui sopra sono solo un modo per arrivare a questo punto. Scrivere un gioco solo per fare un esercizio, ci può anche stare, ma risulterebbe freddo e se non ci si affeziona rimane quello che è, un esercizio.

Partire invece con in testa l’idea di voler giocare al gioco pensato, cambia totalmente l’approccio alla scrittura dello stesso. Lo prendi a cuore e, se proprio non funziona, potrai dire di averci provato.

“Già! - gli ho risposto - È come cucinare un piatto, lo fai perché vuoi gustartelo” Esatto. I piatti li fai per mangiarli. I giochi non li fai per pubblicarli, ma per giocarli.

Soluzione: pensa al gioco.

Letta così potrebbe non avere molto senso, ma per quello che sto pensando in quest’ultima ora ne ha. Parecchio.

L’approccio non è più “scrivo un gioco e fine”, ma è “cominciare a questionare”.

“Ho pensato ad un’idea, ha senso?”: La provo.

“Continua ad averne?”: Continuo a provarla appuntandomi quel che viene fuori.


Ok, quindi.

Rispolvero il costrutto e lo tiro fuori dall’armadio. Questo weekend vedo di capire come aiutare il modo di giocare di chi è al tavolo. Non tanto degli handout, che mi sono anche stati consigliati. Stavo pensando proprio a qualcosa di lineare. Voglio mettere giù un filo logico di quel che dovrebbe esser giocato. Vediamo cosa salta fuori.

PS: Grazie ancora Daniele.

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Di niente! Leggere questo post e sapere che tornerai al lavoro sul gioco è un ringraziamento sufficiente. 😉